Ebbene si. Anche l’isola più inaccessibile del Mediterraneo (o quasi) è stata conquistata.
Soprattutto grazie all’amico e Istruttore Cesare Basiotti, a cui va la mia gratitudine, il 30 Maggio 2014 una piccola rappresentanza dell’Accademia Nautica Panta Rei ha potuto visitare la famigerata isola che ispirò Alexandre Dumas.
L’isola
L’isola di Montecristo si trova a sud dell’isola d’Elba, a ovest dell’isola del Giglio e del Monte Argentario, a sud-est dell’isola di Pianosa e a est dell’affiorante Scoglio d’Africa, noto anche come Affrichella e Formica di Montecristo. Originatasi dal sollevamento di un plutone sottomarino, è interamente montuosa con diverse sporgenze rocciose a picco sul mare ed è costituita quasi esclusivamente da granodiorite con grossi cristalli di ortoclasio.
L’Isola ha una superficie di 1039 ettari e 16 km di coste a picco sul mare con un unico approdo: Cala Maestra.
La caratteristica del paesaggio è data dalla forma massiccia che conferisce l’idea di inespugnabilità La catena montuosa che la percorre ha tre vette principali: il Monte della Fortezza (645 m), la Cima del Colle Fondo (621 m) e la Cima dei Lecci (563 m). Il clima è mediterraneo marino, con inverno mite e relativamente piovoso, ed estate calda e siccitosa, ma con periodi di elevata umidità atmosferica.
L’Isola ha ospitato un’importante abbazia, fondata dai seguaci di San Mamiliano, che fu distrutto dalle incursioni saracene nel 1555. Ritornò quindi famosa per via del romanzo di Dumas “Il Conte di Montecristo”. Dopo vari passaggi di proprietà, nel 1860 l’Isola fu acquisita al Demanio e vi fu istituita una colonia penale. Nel 1889 venne concessa al Marchese Carlo Ginori, che restaurò la villa costruita 37 anni prima da un inglese e fece dell’Isola una riserva di caccia. La riserva risultò particolarmente gradita a Vittorio Emanuele III, che la frequentò spesso nei primi anni del 1900.
Durante la Seconda Guerra Mondiale Montecristo ospitò un presidio militare e rimase poi abbandonata e meta di vandalismi fino al 1949.
I tentativi di sfruttamento che si prospettavano verso la fine degli anni ’60 indussero all’istituzione della Riserva.
La riserva naturale
Oggi vivono stabilmente sull’isola due agenti del Corpo Forestale dello Stato che si alternano ogni due settimane ed una coppia di guardiani. La Riserva naturale statale Isola di Montecristo è una riserva biogenetica di 1.039 ettari istituita nel 1971 con decreto ministeriale per tutelare la natura peculiare dell’isola. Nel 1988 è stata insignita del Diploma Europeo delle Aree Protette e riconosciuta come sito di interesse comunitario. Attualmente è gestita dal Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano che ne ha limitato moltissimo la fruizione, infatti:
• non è possibile pernottare e sono vietate la pesca, la balneazione e la navigazione entro un perimetro individuato da 8 way point.
• entro 3 miglia è possibile transitare, ma non pescare.
• eventuali accessi via mare, che debbono essere preventivamente autorizzati, possono avvenire solo a Cala Maestra, con fondale sabbioso, arrivando perpendicolarmente alla costa senza utilizzare l’ancora attraccando al gavitello o al molo. Esiste tuttavia un piccolo eliporto per le emergenze.
• per arrivare sull’isola è necessario chiedere un permesso al Corpo Forestale di Follonica; il permesso può essere relativo all’accesso o alla visita.
Nel primo caso (accesso) si deve rimanere a Cala Maestra, e sarà possibile visitare solo la Villa Reale, l’orto botanico e il Museo. Il tempo di attesa per ottenere l’accesso è nell’ordine dei mesi. Per quanto riguarda la visita sono ammessi solo 1000 visitatori l’anno ed il tempo medio di attesa per l’autorizzazione è di 3 anni (viene data precedenza a spedizioni scientifiche, associazioni, scolaresche). Le visite guidate si svolgono solo entro i tre sentieri esistenti, tutti molto impegnativi.
Il diario di bordo
La ciurma di accademici ha mollato gli ormeggi dal Porto Turistico di Roma (Ostia) venerdì verso le 13 con prua sul promontorio dell’Argentario, che abbiamo raggiunto, purtroppo senza vento, alle 23. In un primo momento avevamo deciso di dare fondo all’ancora di fronte la spiaggia della Feniglia, ma subito dopo, accogliendo anche le esigenze della quota rosa dell’equipaggio, abbiamo scelto di passare la notte a Porto Ercole, ormeggiando al molo Sanità, dove usava approdare la Regina d’Olanda (davanti alla CP).
Il secondo giorno è trascorso bordeggiando tra il promontorio dell’Argentario e l’Isola del Giglio, approfittando del poco vento per approfondire le nostre conoscenze circa la meta del giorno successivo.
Notte a Giglio Porto e il terzo giorno sveglia di buon mattino con prua 264° verso L’Isola di Montecristo, Punta del Diavolo.
Ore 10:57, Cala Maestra, il paradiso davanti a noi… anche le menti più fervide non avrebbero mai potuto immaginare tale emozione! Acqua cristallina, quasi inviolata, una piccola spiaggia bianchissima, la fitta vegetazione mediterranea che, ad un certo punto, svela le scoscese e lisce rocce che salgono infilandosi gradatamente nel cielo fino ai resti dell’antichissimo monastero di S.Mamiliano, appena visibile, un profumo forte, selvaggio, aromatico, un silenzio quasi assoluto. Ecco cosa si presenta ai nostri sensi mentre ci avviciniamo al piccolo molo di attracco.
Ci accolgono il guardiano dell’isola, Giorgio, presenza stabile lì assieme alla moglie, Luciana, al momento in visita ai parenti, peccato. E due Guardie Forestali, Barbara (graduata) e Denise (truppa, come lei stessa si definisce); le Guardie Forestali si alternano con periodi di 15 gg. Un’accoglienza semplice e cordialissima, che ci aiuta in breve tempo a non sentirci più intrusi. Ci raccontano l’Isola, la storia, le leggende, l’ambiente naturalistico e pure un po’ della loro vita. Mano a mano è sempre più evidente dai loro occhi, mentre parlano e raccontano, il loro impegno, la loro passione, le difficoltà di quella vita. Ed è quasi una missione accompagnare le visite che si susseguono, due o tre volte a settimana. Gruppi di studiosi, appassionati, scolaresche, o semplici vagabondi avventurosi come noi.
Solo due ore al giorno di elettricità, con un generatore. Niente telefonino, se non raggiungendo la vetta più alta, quando comincia all’improvviso a squillare con 20 notifiche tutte assieme. Ci si abitua in fretta, ci dicono.
In realtà ci sono due storie diverse, seppur vicine. Giorgio e Luciana, i guardiani, sono lì da circa 10 anni. Avevano, prima, un’azienda agricola nel Nord Est. Un periodo di difficoltà e, quasi per caso, arriva questa opportunità: un bando del Ministero per questa “strana” posizione; non è stato difficile sbaragliare la concorrenza degli altri, pochi invero, candidati. Si occupano di tutto e tutto l’anno nell’isola: la manutenzione della villa reale (ex casino di caccia del Re d’Italia), il controllo del territorio, della fauna e della flora e la gestione di vari progetti speciali, riguardanti, ad esempio, la salvaguardia delle specie autoctone, come la capra di Montecristo, la berta minore, il leccio. Gestiscono anche un piccolissimo museo naturalistico. Ma in inverno fa freddo! Esclamiamo noi, ingenuamente. “Ma no, ma no” risponde Giorgio, “basta un bel maglione, la temperatura non scende mai sotto i 7-5 gradi.” Già, sono del Nord Est…
E poi le Guardie Forestali. Quell’esperienza di due settimane, ricercata e domandata, assegnata dai superiori quasi come un premio, è unica. Un po’ di ansia e tristezza il giorno prima di partire; si deve lasciare la famiglia, i figli e si vive fuori dal mondo. E bastano poche ore per adattarsi e svolgere con impegno il proprio lavoro, uniti al “mondo” solo tramite un elicottero, in caso di emergenza, e le motovedette del Corpo Forestale, che arrivano, appunto, ogni 15 gg., sempre che le condizioni meteo siano favorevoli. Loro si occupano del controllo e della sorveglianza e qualche volte ci scappa pure qualche multa. Accompagnano i visitatori e garantiscono la loro sicurezza e il rispetto della riserva naturalistica.
È davvero emozionante poter essere partecipi, anche se solo per poche ore, di quell’esperienza, di quello stile di vita, di quelle emozioni. Vorremmo rimanere almeno una notte e proviamo a “corrompere” i nostri ospiti promettendo un’autentica carbonara romana per una cena assieme, ma proprio non è possibile.
Ore 16:59 lasciamo a malincuore il molo di Cala Maestra, con quel sapore di avventura, unicità e natura che rimarrà per sempre.
Giriamo a Sud dell’isola e ci dirigiamo verso Giglio, rotta 083°, con mare quasi calmo ed una leggera brezza da SSO e dopo 4 ore diamo ancora nella baia di Campese, un po’ affollata, ma tranquilla. I più impavidi, prima di cena, decidono di farsi un bagno, con l’acqua a meno di 20°C. Il tramonto è bellissimo, col sole che se ne va proprio accanto a P.ta Faraglione.
Quarto giorno, comoda sveglia, bagnetto per i soliti impavidi e colazione. Ore 11:05, salpiamo l’ancora per dirigerci verso Giannutri, passando a N dell’Isola e poi seguendo rotta 131°. Con pochissimo vento raggiungiamo la Cala Maestra di Giannutri, sul versante N. Ancora proprio davanti ai resti romani. Ore 15:20, si salpa per Porto Ercole. Ora il vento ci assiste, 12-13 kts e con un bel Maestrale, un po’ più largo del traverso, armiamo il gennaker, con la prua su Porto Ercole, dove arriviamo in meno di 2 ore, ormeggiando sempre al molo della Regina d’Olanda. È d’obbligo una passeggiata su per il borgo vecchio, sino ai limiti della Rocca; viottoli stretti stretti, scale ripidissime, case di pietra antichissime, vissute da gente moderna.
Quinto giorno, la via del ritorno. Salpiamo alle 08:30, salutando e ringraziando il simpaticissimo Bruno, gestore dell’ormeggio. Calma piatta, il mare una tavola dove le berte si divertono a planare a meno di un cm dall’acqua, rotta 128°. Ore 11:07, riusciamo anche ad avvistare un piccolo branco di delfini; sono timidi e non si avvicinano. Ore 13:30, rapidissimo stop-and-go a Riva di Traiano per lasciare uno dei membri dell’equipaggio Emanuele. Si riprende rotta 132°, ora con un po’ di vento, sempre Maestrale; riusciamo addirittura a spegnere il motore per un paio d’ore prima dell’arrivo. Si è alzata onda al giardinetto di dritta, un certo rollio, ma sopportabile.
Ore 18:42 arriviamo a Fiumara, dove entriamo per lasciare la barca in cantiere per lavori. Ormeggiamo alle 18:57. Lo sbarco dei bagagli e degli abbondanti resti della cambusa è faticoso, considerando che siamo in 4a fila, ma la soddisfazione e il piacere che abbiamo dentro ci fa fare tutto con calma ed in maniera efficiente.
È bello salutarsi senza tristezza e con la consapevolezza di aver condiviso esperienze ed emozioni uniche.